LA TOKENIZATION E LE STO

Si sente parlare sempre più spesso di token come di una forma di finanza alternativa.
In termini molto generali – e cercando di condensare le numerose definizioni nate alle diverse latitudini del globo – un token è una rappresentazione digitale di valore che conferisce al possessore dello stesso un diritto di proprietà sull’informazione stessa – proprietà che è registrata su una blockchain o altro registro distribuito – può essere trasferita tramite un protocollo ed, infine, può o meno incorporare altri diritti addizionali governati da smart contracts[1].
In parole più povere, un token ha le stesse proprietà di base di una criptomoneta (sicurezza, trasferibilità, ecc), tuttavia non è un elemento strutturale della blockchain e può quindi essere usato per rappresentare un bene, un diritto, un “qualcosa” legato al mondo reale, esterno alla blockchain.
La letteratura individua diverse classi di token, ma oggi ci soffermeremo in modo particolare sui Security Token (o token asset-backed) e loro impieghi. Questi, per farla breve, potrebbero essere sussunti in quelli che il nostro ordinamento definisce titoli di credito (o, se preferiamo, strumenti finanziari o securities tradizionali), che, secondo l’art. 1992 c.c., conferiscono al possessore “diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo”, nelle varie tipologie di titoli cambiari, titoli obbligazionari o di prestito, titoli di partecipazione, titoli rappresentativi di merci e documenti di legittimazione. La principale differenza tra securities tradizionali e security token è che questi ultimi sono per l’appunto tokenized, ovvero gestiti attraverso smart contracts su una piattaforma blockchain.
I security tokens, come detto, sono riconducibili a prodotti finanziari (quali azioni, derivati ecc.) per cui le relative ICO sono soggette alla normativa finanziaria e l’emittente dovrà dotarsi di un prospetto informativo ed effettuare le previste comunicazioni ai pubblici regolatori. Infine, l’emissione e la gestione del security token sono certamente soggetti alla normativa sull’antiriciclaggio del denaro.

Per comprendere meglio la valenza del token è tuttavia necessario sapere cos’è una Ico. Essa è l’acronimo di Initial Coin Offering, termine che, tradotto in italiano, assume il significato di offerta iniziale di monete. Si tratta di una forma di investimento di recente diffusione utilizzata da soggetti intenzionati a collocare capitali in nuovi progetti, solitamente proposti da startup.

Le ICO trovano applicazione soprattutto per finanziare iniziative di creazione e sviluppo delle criptovalute. In questo caso, il finanziamento avviene per lo più mediante l’utilizzo di altre,criptomonete, quali Bitcoin o Ethereum, a loro volta agevolmente convertibili in valute tradizionali.
In cambio del contributo versato per l’avvio della startup, gli investitori ricevono una certa quantità di tokens, che, nel caso di progetti riguardanti le criptovalute, costituiscono il titolo per acquisire, in futuro, una quota parte della nuova valuta virtuale lanciata sul mercato. Per semplificare il concetto e renderlo paragonabile ai metodi più tradizionali di acquisizione di capitali, si può dire che le ICO funzionano in maniera simile alle operazioni “pronti contro termine”. L’investitore, infatti, versa a favore del progetto una certa quantità di Bitcoin, Ethereum o altra valuta digitale (pronti) e, alla scadenza della ICO (termine), riceverà l’entità di nuova criptovaluta immessa sul mercato, proporzionale al finanziamento effettuato.

Il successo dell’investimento è necessariamente legato all’andamento del valore della nuova criptomoneta sul mercato di riferimento. Le Ico sono dunque una forma innovativa di finanziamento caratterizzata dall’uso della tecnologia blockchain con la quale un’azienda reperisce risorse finanziarie in modo spesso alternativo al crowdfunding.
In sostanza, l’azienda che ha un’idea di business può creare un certo numero di “gettoni”
denominati token che vende sul mercato a un determinato prezzo.
Una Initial Coin Offer, quindi, può essere considerata anche una promessa, possibile tramite gli smart contract, di restituire i capitali raccolti tramite dei token. L’azienda rilascia un white paper contenente il suo business plan e chiede, sulla base dello stesso, di essere finanziata. In cambio del finanziamento rilascerà agli investitori dei token.
Nonostante gli oltre 14 miliardi di dollari raccolti nel mondo, le Ico sono ancora generalmente poco regolamentate (e comunque con grosse differenze da paese a paese) e quindi espongono, in teoria, coloro che acquistano i relativi token al rischio significativo di non vedersi restituire i capitali impiegati, in tutto o in parte.
L’elevato rischio connesso all’assenza di una regolamentazione internazionalmente condivisa, ha determinato la nascita di una nuova pratica.
Si tratta delle Sto (Security Token Offerings).
Pur essendo più ridotto di quello delle criptocurrencies, il mercato dei security tokens è in rapida crescita e continua espansione.
Solo per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno, negli Stati Uniti ci sono state Sto per un valore complessivo di circa un miliardo di dollari e si prevede che il relativo mercato crescerà fino a circa quattromila miliardi entro 6-7 anni.
Solo questa mi appare una buona ragione per occuparsi più da vicino del fenomeno e delle sue già molteplici applicazioni.
Possiamo a questo punto riconfigurare i security tokens come securities tradizionali ma basati su una infrastruttura tecnologica molto più efficiente. La stessa permette di realizzare una vasta serie di applicazioni, molte delle quali tuttora poco esplorate.
Tra queste, ci sono le programmable securities, che rappresentano senz’altro una delle
opportunità più relevanti introdotte dai security token. Determinati diritti incorporati nelle securities, come il diritto al pagamento dei dividendi e il diritto di voto, possono essere programmati nello stesso titolo ed essere automatizzati (per esempio, dividendi mensili). Inoltre, grazie alla tecnologia blockchain, la proprietà delle tokenized securities diventa immutabile una volta registrata su di un ledger decentralizzato. Questo consente il trasferimento istantaneo di titoli da un proprietario all’altro a costi relativamente bassi.
I costi di emissione, scambio, sottoscrizione, reporting e compliance possono essere
significativamente ridotti a causa dell’automazione di tali processi; e gli investimenti più ingenti possono essere frazionati in quote di minore entità, consentendo il co-investing. Infine, grazie al
ledger decentralizzato, tutte le operazioni relative ai security tokens sono visibili, rendendo più difficili manipolazioni e corruzione.
Non vi è dubbio che, al momento, le migliori possibilità di applicazione risultano nel comparto del real estate, dove, allo stato, sono state realizzate solo tre tokenized real estate offerings. Ma grosse iniziative bollono in pentola. E’ stato per esempio è stato annunciato che il fondo immobiliare newyorkese Leaseum Partners ha firmato un deal con Tokeny, società fintech lussemburghese, per l’utilizzo della sua piattaforma per la creazione e la gestione di token con l’obiettivo di lanciare un tokenized real estate portfolio del valore di 250 milioni di dollari focalizzato sulle rendite di proprietà commerciali nella città di New York.
Alcune società svizzere lavorano alacremente anche alla tokenizzazione dell’oro fisico.
Ma non finisce qui.
La tokenizzazione di assets, infatti, sta diventando, a giusta ragione, l’attività più praticata ad ogni angolo del globo.
Essa può essere definita come il processo di rappresentazione frazionata dell’interesse
proprietario in un asset con un token basato su blockchain.
Espresso in altro modo, è il processo di conversione frazionata dei diritti di un bene in un token digitale all’interno di una blockchain.
Per banalizzare il concetto, la proprietà di un qualsiasi bene è divisa in “azioni” e le “azioni” vengono tokenizzate.
La asset tokenization può essere applicata a numerose altre categorie di beni, oltre quelli
immobiliari, per incrementare la liquidità di settori attualmente pochi liquidi ed offrire nuove opportunità di investimento ai piccoli investitori.
Questa nuova modalità di rappresentazione digitale della proprietà di beni tangibili su
piattaforma blockchain ha già preso piede anche nel mondo dell’arte, per esempio.

Un dipinto di Warhol è stato recentemente tokenizzato e venduto all’asta per 5.6 milioni di dollari attraverso la piattaforma blockchain Ethereum.
Tra gli altri beni che potranno essere rappresentati da security tokens ci sono frazioni di azioni, Etf, Index funds, e, aggiungo io, i debiti pubblici.
Per capire cosa si può tokenizzare, facciamo qualche esempio.
– Esempio 1
Se si intende cartolarizzare un asset di valore elevato (ad esempio immobiliare) e vendere quote di proprietà ai piccoli risparmiatori, è necessario inserire l’asset in un fondo, le cui quote permettono di frazionare la proprietà dell’asset. Tokenizzare un fondo immobiliare vuol dire associare ogni quota a un token.
Ad esempio, se il fondo prevede diecimila quote, vengono creati diecimila tokens.
Il primo vantaggio di questo tipo di tokenizzazione è quello di aumentare la liquidità del fondo, allargando la platea dei potenziali investitori. I tokens usati per questo processo sono detti fungibili, il che vuol dire che ognuno dei diecimila tokens assicura gli stessi diritti.

Come delle monete fisiche, qui tutti i tokens hanno lo stesso valore e sono intercambiabili.
Per il nuovo stadio della Roma si parla di investimenti che sfiorano i 2 miliardi di euro effettuati da privati e che coinvolgeranno anche un museo, un centro commerciale, i campi di allenamento, spazi verdi e piste ciclabili a fare da contorno al terreno di gioco.
Ora, attraverso una applicazione decentralizzata, possiamo creare un token che al momento chiameremo ROMBIT e al quale assegneremo simbolicamente un valore di 1 euro; in questo modo avremo 2 miliardi di ROMBIT che metteremo in vendita. Chiunque nel mondo può comprarli e possedere una quantità molto piccola di questo nuovo stadio. Ma a cosa dà diritto questo token? Dà diritto a ciò che è stato specificato nello smart contract a cui è collegato il token. Per esempio, un valore che rappresenta la partecipazione ai dividendi generati dallo stadio (dunque un security token).
La tokenizzazione dei beni fisici può dunque dare immediata liquidità al mercato sottostante. È simile al processo di cartolarizzazione dei mutui, processo attraverso il quale le banche eliminano – o riducono fortemente – il rischio di insolvenza.
In questo caso le banche non fanno altro che vendere mutui impacchettati a terzi – fondi,
società, ecc. – che a loro volta li collocano tra gli investitori.
La cosa interessante è che con questo sistema è possibile separare il valore economico di un bene reale dal suo diritto di proprietà. Con la creazione di un mercato per la vendita dei tokens – che è un mercato puro perché intervengono solo la domanda e l’offerta – e il fatto che i tokens sono altamente divisibili e universali, all’aumentare della domanda si ridurrebbe significativamente lo sconto di illiquidità associato al mercato immobiliare.
– Esempio 2

È possibile tokenizzare anche asset unici, non fungibili, come ad esempio documenti di identità, carte fedeltà nominative, buoni acquisto, biglietti numerati per eventi, ecc. In questi casi, ogni asset è associato al possesso di un singolo token, non fungibile, con caratteristiche che lo rendono unico. Negli esempi citati, il token non sarà trasferibile perché l’asset è strettamente personale. I vantaggi della tokenizzazione per questi asset sono legati alla possibilità di portare con sé in un wallet mobile un documento di identità a prova di contraffazione.
Esempio 3
A Malta una società privata, Neufund, in collaborazione con uno dei più grandi exchange di criptovalute del mondo, Binance, e la Borsa di Malta stessa, sta lavorando ad uno “stock exchange” totalmente tokenizzato.
La tokenizzazione della borsa consente di creare una piattaforma decentralizzata,
ovvero un’infrastruttura per scambiarsi azioni che non è di proprietà di nessuno.
O, meglio, è di proprietà di tutti. Quindi ad esempio al riparo da ogni tipo di manipolazione che non sia quella “naturale” del mercato.
Per poter fare ciò bisogna “trasformare” le azioni delle aziende in tokens. La società Neufund si sta occupando proprio di trovare un modo, legale e regolamentato, per fare ciò.
Quando ci riuscirà, queste potranno essere scambiate liberamente da tutti, in tutto il mondo, sull’exchange decentralizzato che sta sviluppano Binance (che oramai ha sede proprio a Malta).
E’ facile immaginare che la tokenizzazione delle azioni, che le rende scambiabili su piattaforme globali decentralizzate, diventi prima o poi comunque inevitabile, e che in futuro moltissime società anche tradizionali sceglieranno questo modo per piazzare le loro azioni sul mercato.
In altri termini, la tokenizzazione della borsa potrebbe non essere solo un esperimento
informatico, o un curioso caso di adozione delle tecnologie che stanno alla base delle
criptovalute, ma potrebbe anche costituire il primo caso concreto di vera e propria
tokenizzazione dei mercati finanziari riferiti ad ogni tipo di asset class. Infatti gli exchange di criptovalute seri, come Binance, hanno dimostrato di funzionare molto bene, e nel caso di un exchange decentralizzato globale la portata di questa rivoluzione nel settore finanziario potrebbe essere enorme.
Immaginate tutte le borse valori, e i mercati secondari dei titoli governativi e obbligazionari del mondo, collegati tra di loro in un’unica piattaforma mondiale non posseduta e non gestita da nessuno perchè si gestisce da sola… (come ad esempio fa Bitcoin).
Dunque, se è vero come è vero, che la tokenizzazione incrementa la liquidità, non mi appare peregrina neppure l’ipotesi di tokenizzazione dei titoli del debito pubblico italiano, di fatto illiquidi in assenza dei riacquisti volontari della Bce e forzosi delle banche italiane.
Fatte le necessarie premesse linguistiche, alle stesse va aggiunto un importante corollario: non risultano studi scientifici noti che abbiano preso fino ad oggi in considerazione l’ipotesi in premessa.
Poichè ci addentriamo in Terra Incognita, l’argomento pare meritevole di una trattazione
separata ed ulteriore rispetto alle presenti riflessioni.

All the best

dott. Massimo Moschella
dott. Gian Michele Moschella

GLI EFFETTI DISTORSIVI DEI BASSI TASSI D’INTERESSE

La politica monetaria, correttamente interpretata, ha le sue ragioni d’essere. Che gli economisti e gli addetti ai lavori ben conoscono. E che i presidenti farebbero bene a rispettare.

In America i tassi d’interesse restano ben al di sotto del loro livello “neutrale”, stimato al 3%. Si tratta del tasso che non sosterrebbe né deprimerebbe il pil Usa in questa fase.

Oggi invece la Fed mantiene il saggio d’interesse a livelli troppo accomodanti, ovvero continua a stimolare un’economia già di gran lunga stimolata (le richieste iniziali di disoccupazione sono al livello più basso degli ultimi 45 anni, ad esempio).

Bassi tassi d’interesse mantenuti per lungo tempo rischiano di creare le condizioni per una crisi finanziaria ed economica. Abbiamo a lungo spiegato in passato gli effetti che essi hanno su azioni, obbligazioni e immobili.
Il denaro a basso costo sprona gli investimenti in questi comparti, sostenendone le quotazioni e alimentando una bolla. Man mano che i prezzi salgono, la disconnessione con i fondamentali diventa più stridente e, nel caso dei bond, spinge il mercato a puntare su titoli sempre più rischiosi al fine di assicurarsi un rendimento minimo accettabile.

Ma i bassi tassi producono effetti distorsivi anche sull’economia reale. Essi infatti, da un lato, stimolano gli investimenti perché rendono alle aziende i prestiti più convenienti. Dall’altro incentivano le famiglie a consumare di più poichè i loro risparmi vengono remunerati di meno. In ogni caso spingono imprese e famiglie a prendere in prestito piu’ di quanto non avrebbero altrimenti fatto.

Ciò determinerà in futuro minori risorse a disposizione per i consumi futuri e maggiori esposizioni debitorie per tutto il settore privato.. Per essere espliciti: con tassi al 3%, avremmo probabilmente risparmiato 300 euro al mese su uno stipendio di 2.000 euro netti. Con tassi azzerati, abbiamo preferito mettere da parte solo 100 euro, con il risultato che nel primo caso avremmo accumulato 3.600 euro in un anno, interessi esclusi, nel secondo appena 1.200. Cos’è successo? Poiché i risparmi odierni altro non sono che consumi futuri, i bassi tassi hanno innalzato i consumi odierni per comprimerli domani. Domani, per tornare al nostro esempio, avremo 2.400 euro in meno da spendere.

Perché mai lo stato dovrebbe preferire far anticipare i consumi? Perché a differenza di quanto tendiamo inconsciamente a credere, esso non è neutrale, ma animato da ragioni “parziali”: lo stato non è un ente super partes, bensì retto da partiti o personaggi politici che puntano ad essere rieletti e sono costretti, chi più e chi meno, a concentrarsi sul breve termine, anche al costo di intaccare le condizioni economiche future.
L’obiettivo diventa superare la prossima scadenza elettorale, per cui servono occupazione e crescita al massimo delle potenzialità, quand’anche ciò significasse una grossa crisi futura.

Tenere artificiosamente bassi i tassi, e per lungo tempo, segnala erroneamente alle imprese la maggiore convenienza a investire in un arco di tempo più lungo, visto che il valore attuale di un dato flusso di reddito atteso sale. Questo spinge fallacemente il mercato a puntare su un orizzonte temporale più lungo, il quale si rivelerà inevitabilmente errato quando i tassi torneranno al loro livello naturale, cioè quando verrà meno lo stimolo della banca centrale. A quel punto, le imprese scopriranno di essere rimaste imbrigliate in investimenti troppo lunghi, oltre che eccessivi nelle quantità.

Per concludere, i bassi tassi, per effetto dell’allentamento monetario, raccontano al mercato una BUGIA, che nell’immediato crea un equilibrio economico apparente ma che sarà seguito da gravi disequilibri futuri.
I maggiori consumi e investimenti di oggi verranno soppiantati da minori consumi e investimenti domani.
Ecco allora lo sforzo dei giapponesi e degli americani di mantenere più a lungo possibile lo status quo.

Ci riusciranno?
Ho i miei dubbi.

All the best

dott. Massimo Moschella
dott. Gian Michele Moschella

IL PUNTO ALLA FINE DEL PRIMO SEMESTRE 2019

Alla scadenza del primo trimestre 2019, è opportuno un aggiornamento dei
ragionamenti fatti e condivisi finora con i nostri lettori, soprattutto col pubblico
presente in aula al recente seminario di Roma.
Come detto in apertura dello stesso, i tassi di crescita reale dell’economia, rispetto
al 2018, sono previsti in flessione sia per il 2019 che per il 2020.

E questo è un dato che si può ampiamente confermare.
Le releseas dei primi tre mesi dell’anno sono state sostanzialmente deludenti, con
la sola eccezione delle richieste di disoccupazione Usa che si candidano per il
concorso “le più basse di sempre”.

Esse infatti sono già le più contenute degli ultimi quarantacinque anni, inferiori, in
ogni caso, a quelle che diedero il via alle ultime cinque recessioni (zone
ombreggiate in azzurro).
A questo punto, qualcuno potrebbe legittimamente avere l’impressione che le
banche centrali siano riuscite a cancellare tutti i mali della società attuale,
recessioni comprese.
Non è così. Sono solo intervenute più pesantemente sul controllo degli aggregati
finanziari. Questa condotta è sì capace di esaltare i successi e mettere in ombra
le difficoltà dei sistemi economici, ma non per sempre.
Come si direbbe a proposito degli artifizi umani che deviano il corso naturale dei
fiumi, essi finiscono per avere un “pericoloso impatto sull’ecosistema fluviale e sul
territorio circostante”.
Manco a dirlo, una recente sentenza della Corte di Giustizia europea ha stabilito
che la deviazione del corso di un fiume può essere ammessa, in linea di principio,
se ci sono motivazioni di rilevante interesse pubblico come quelle per fini
idropotabili o irrigui. Tuttavia, nel caso di siti di importanza comunitaria, qualora
non intervengano adeguate misure di compensazione il progetto può anche
essere stoppato.
Il problema risiede nel fatto che la Banche Centrali non hanno avuto né mai
avranno un controllore o un giudice che valuti il loro operato. E dunque tirano
dritto senza timori di essere stoppate. Sarà l’ecosistema economico e finanziario a
rigurgitare, a tempo debito, le loro manovre.
Il grafico seguente ci dà un’idea generale dell’incidenza dei Qe sulla crescita dei
singoli assets. Senza l’inoculazione forzata di adrenalina, l’SP500 probabilmente
si aggirerebbe intorno ai 1200 punti. Che sarebbe comunque non poca cosa
considerati i livelli cui era pervenuto nel febbraio 2009 (circa 660).

Il Consumer Confidence Index ci racconta invece una storia parzialmente diversa.

Ci dice che l’attuale congiuntura economica non è riuscita a riprendere i massimi
di sempre segnati nel 2000. L’indice ha cozzato contro la resistenza statica
coincidente con i massimi del 1998 ed è tornato indietro. Adesso duetta con il
supporto rappresentato dai massimi del 2001 e, in caso di rottura, è facile
prevedere che si appoggerà sul supporto offerto dai massimi del 2002-2007. Sotto
il quale, imho, potrebbe scatenarsi un brutto temporale.

Devo poi una spiegazione e una precisazione a tutti coloro che hanno ascoltato il
mio intervento sulle curve dei tassi.
Nel seminario ho proposto il grafico seguente che racchiude, in un’unica
panoramica, tutte le curve dei tassi seguite dagli operatori economici.

Tutte le curve prese in considerazione, a fine febbraio, puntavano verso la linea
dello zero. La 5y-2y è stata la prima a varcare quella soglia e, dunque, ad
invertirsi (tassi a breve più alti dei tassi a lungo termine). In genere, a questo
punto, le altre curve seguono docilmente, sebbene con tempi propri.
Quello che è avvenuto a fine marzo lo riscontriamo nel chart che segue.

La curva 5y-2y si è ritratta e, con le altre, che nel grafico precedente venivano giù
a capofitto, ha preso ad appiattirsi!
Niente di più probabile che le BC, monitorando l’andamento di tutte le curve al pari
di quanto facciamo noi, abbiano deciso di intervenire comprimendo i tassi a breve
e lasciando correre quelli a lungo. In questo modo le curve si appiattiscono o
assumono di nuovo un andamento ascendente.
Ebbene si, possono fare anche questo!

CINA
L’arretramento più preoccupante, dicevamo, è sicuramente quello della Cina che
minaccia addirittura di scendere quest’anno sotto il 6% di Pil.
Tuttavia, con un atletico colpo di reni, il Pmi cinese si è riportato la scorsa
settimana sopra l’asticella dei 50 punti (tratto rosso sul grafico seguente). Tanto è bastato a fornire ulteriore propellente ai listini mondiali.

La Banca Centrale, vale la pena ricordarlo, per contrastare gli effetti del
rallentamento economico ben visibile soprattutto sul finire dell’anno passato, era
nuovamente intervenuta con forti iniezioni di liquidità (pari al 5% del Pil cinese)
alla fine del 2018 e con misure fiscali nei primi mesi del 2019.
Sembrano non interessare a nessuno gli squilibri finanziari che gravano sulla
struttura dell’economia dovuti ad un eccesso di credito erogato da grandi imprese
che fungono da shadow banking per il sistema delle PMI.
Due anni fa in Cina lo shadow financing – per molte imprese unica forma di
finanziamento – garantiva il 22% del credito complessivo; oggi non va oltre il 4%.
Ma per ora sembra andare a tutti bene così.
Evidenze grafiche incontrovertibili ci provengono però dall’indice Shanghai
Composite (tm mensile), reduce da un recupero a dir poco prodigioso.
Lo scorso anno aveva rotto la linea di tendenza rialzista originatasi nel 1996
contribuendo ad affossare tutti i listini mondiali.
Quest’anno l’indice ha recuperato quella trend e adesso prova a catapultarsi al di sopra della figura triangolare che potete tutti valutare.
L’abbrivio definitivo verrà fornito dal ROC a 18 mesi che sembra prossimo alla
rottura della sua trend, replicando la straordinaria vigoria dimostrata nel 2006.

Nell’ipotesi, è facile pronosticare anche il raggiungimento di target importanti,
come ad esempio i 4500 punti (+40% circa dai valori attuali). Potrebbero occorrere
un paio d’anni. Conditio sine qua non: una ripresa economica non balbettante.
USA
Passiamo agli States che, malgrado il rilascio di dati spesso non esaltanti,
continuano a sovraperformare gli altri listini mondiali.
Proponiamo un rapporto mensile tra lo Sp500 e l’Etf Vanguard Ftse All World al
netto delle azioni Usa (ex Usa).

Il Know sure thing oscillator (KST) elaborato da Martin Pring è un indicatore
tecnico (di tipo oscillatore) che viene utilizzato per determinare il momentum nei
trend azionari. Si tratta di un indicatore tecnico di tipo oscillatore, che fluttua quindi
sopra e sotto la linea dello zero, provvedendo a fornire segnali di trading basati
sulla divergenza con il prezzo e KST e i crossover delle linee del segnale. La
formula di questo indicatore tecnico, utilizza quattro differenti timeframes per
mostrare il momentum generale e non solo il momentum di uno specifico
timeframe.
Il rapporto raffigurato nel precedente grafico, che è superiore alla MA a 12 mesi, è
chiaramente in una fase di rialzo favorevole agli Stati Uniti e viene sostenuto da
un KST in ascesa. Tuttavia, questa relazione non è andata da nessuna parte
nell’ultimo anno, quindi dobbiamo chiederci se questa attività abbia raggiunto un
top o, in alternativa, stia consolidando prima di una nuova gamba di rialzo. La
differenza non è da poco. Se il rapporto rompe al rialzo, significa che dovremmo
continuare a concentrarci sugli Stati Uniti per i prossimi mesi. D’altro canto,un’inversione al ribasso suggerirebbe la necessità di una maggiore esposizione su
altri indici.

Il grafico successivo mostra la correlazione diretta tra il rapporto di cui sopra e
l’indice del dollaro.

Se si nutrono aspettative rialziste sul dollaro, allora sarà legittimo attendere il
break out del triangolo superiore.
L’indice grezzo dell’SP500 (tm settimanale) ci mostra la salita parabolica
innescatasi sul finire del 2018 e ancora in essere mentre scriviamo (5 aprile
2019).

Dopo i 2890, nel mirino ci sono ormai solo i massimi del 2018. La statistica ci
informa che, quando i primi due mesi dell’anno risultano così positivi, essi ci
restituiscono, a distanza di tre-sei mesi, ritorni positivi nell’ordine dei 3-10 punti
percentuali.
Dunque, al momento, l’ipotesi alla quale lavoriamo è quella di nuovi massimi.
Non vanno tuttavia esclude anche correzioni ; ma le stesse, almeno fino a
maggio-giugno, andranno intese come occasioni di acquisto. Poi l’andamento
degli indici potrebbe risultare più frastagliato.
E si perchè, se molti lo hanno dimenticato, viviamo, tra l’altro, l’anno americano
preelettorale che non ha mai restituito ritorni negativi.

Jerome Powell ha già dato tutta la sua disponibilità chinando sommessamente il
capo e rimandando sine die i rialzi dei tassi.

Quanto alle aspettattive macro anticipate dal Cesi, l’indice delle sorprese
economiche, esse appaiono talmente compresse che
qualunque prossimo dato nei mesi a venire sarà salutato con favore.

GOLD

L’oro si trova al momento alle prese con importanti resistenze, nell’ordine: 1312,
1334, 1360. Il momento ciclico sembra tuttavia propizio. La positività dell’equity, in
uno alla forza del dollaro Usa, non sono riusciti a debilitarlo più di tanto.

Dunque non lo shorterei.

Nel chart che segue, tm monthly, individiamo facilmente la resistenza statica che
ha contenuto i tentativi di rialzo del prezzo dal 2014 ad oggi. Essa è posizionata
intorno a 1360. Tuttavia la situazione, a partire da quell’anno, è andata lentamente
migliorando. Il PMO (Price Momentum Oscillator) nel 2014 era sostenuto, oggi
invece lo si raccoglie col cucchiaino, mentre il ROC, negativo del 2014, è oggi più
che positivo. Insomma il Gold potrebbe essere chiamato ad un upgrade
significativo.

All the best

dott. Massimo Moschella
dott. Gian Michele Moschella

TASSI, ASSICURAZIONI E CASSI

La European Insurance and Occupational Pensions Authority (EIOPA) è un organismo dell’UE che dal 1º gennaio 2011 ha il compito di monitorare il mercato assicurativo europeo. A essa partecipano tutte le autorità di vigilanza assicurativa dell’Unione europea. Le responsabilità principali di quest’organismo sono:

  • il sostegno della stabilità del sistema finanziario,
  • la trasparenza dei mercati e prodotti finanziari,
  • la tutela di contraenti, membri e beneficiari dei sistemi pensionistici.

L’EIOPA è altresì incaricata di individuare le tendenze, i rischi potenziali e le vulnerabilità a livello aziendale interno e nel macro ambiente.

L’obiettivo è quello di proteggere l’interesse pubblico contribuendo alla stabilità e all’efficacia nel breve, medio e lungo termine del sistema finanziario a beneficio dell’economia dell’Unione, dei suoi cittadini e delle sue imprese.

Immaginiamo già la domanda sulle vostre facce: e a noi cosa ci cale??

Vi assicuriamo che ci cale, e anche tanto.

Perchè a far rima con tassi non sono solo le banche ma anche – e forse di più, per i motivi inanzi esposti – le compagnie assicurative.

Il discorso parte da molto lontano. Ricordo che in un seminario del gennaio 2018 elencavamo varie situazioni di stress che mostravano già allora segni di tensione fortissimi:

  • le monete virtuali, poi effettivamente ridimensionatesi;
  • gli indici azionari e il vix, che hanno conosciuto una prima correzione sul finire di quell’anno;
  • il real estate di alcune città e paesi (Canada, Stoccolma, Sidney, San Francisco, tanto per fare alcuni nomi);
  • il mercato dei prestiti americani per finanziare l’acquisto di auto e gli studi universitari;
  • il debito corporate, che continua a conoscere nuovi massimi

A questi, oggi ne vanno aggiunti certamente di nuovi: l’inversione della curva dei tassi 5y-2y e quella 10y-3m, il valore estremamente ridotto delle richieste iniziali di occupazione in America (che definiremmo “in bolla”) e il valore molto, troppo contenuto dei tassi, effetto di una politica ecumenicamente conciliante degli apprendisti stregoni Powell, Draghi e Kuroda.

I quali appaiono sempre più ben disposti ad assecondare le richieste degli operatori del mercato azionario.

Questa docilità ha prodotto lo sbriciolamento dei rendimenti di mercato, forse in misura persino eccessiva: in tre mesi il tasso sul decennale è sceso di 45 basis point, mentre lo S&P500 è salito di quasi il 15%.

Molti bond hanno rendimenti negativi fino al quinquennale, ed in alcuni casi anche fino al biennale.

Cosa ne è stato del Dow Transportation e della teoria di Dow? Da inizio del 2019 si è apprezzato di pochi punti percentuali. Quanto a Mr. Dow, pare che debba prendere serenamente coscienza che le merci non viaggiano più né su gomma né su rotaia ma su silicio.

Tutto questo per dire cosa?

Che solo ora l’EIOPA si accorge che per il settore assicurativo i tassi d’interesse sono come l’ossigeno e noi ora viviamo in un mondo con molto meno ossigeno.

Il rischio, per questo settore, è quello di non poter onorare le promesse di rendimento previste dalle Gestioni Separate.

Queste ultime sono una particolare gestione finanziaria, appositamente creata dalla compagnia, nella quale vengono investiti i capitali dei clienti che sottoscrivono una polizza vita tradizionale.
Si tratta, il altre parole, di un patrimonio separato da ogni altro patrimonio della compagnia: quindi, qualsiasi cosa succeda, nessuno potrà toccare i capitali delle Gestioni Separate. Questo significa che il denaro che le costituisce può essere incassato solo dai clienti che vi hanno investito.

Ciò che fa mutare il valore della gestione non è il prezzo dei titoli acquistati ma il rendimento prodotto dalle cedole.

E qui vengono le dolenti note. La situazione attuale in Europa appare simile a quella del Giappone post bolla immobiliare degli anni ’90.

I tassi a zero o negativi portarono al fallimento di nove tra le principali compagnie assicurative giapponesi. Tali compagnie avevano venduto polizze con minimi garantiti che il crollo dei tassi, ed il loro perdurare a livelli zero, avevano spinto fino all’insolvenza.

Un recente studio europeo ha rilevato che il crollo dei rendimenti obbligazionari, se dovesse continuare per un periodo prolungato, potrebbe affossare il sistema assicurativo dal punto di vista della solvibilità, tanto che fino a 30 assicurazioni tedesche si troverebbero ad affrontare rischi di insolvenza (poi dici che i tedeschi…)

Il problema principale sono i risultati delle gestioni che, in molti casi, calano più velocemente del rendimento retrocesso agli assicurati.

L’effetto è che le strutture dei portafogli si stanno geneticamente modificando perchè le compagnie hanno iniziato, obtorto collo, a:

  1. acquistare quantità rilevanti di obbligazioni strutturate (titoli particolarmente complessi assimilabili a vere e proprie scommesse su indici di borsa, valute o altro), obbligazioni non quotate, i private placementsi prestiti con garanzia, le azioni ad alto dividendo e gli OICR (fondi);
  2. vendere titoli di stato e obbligazioni con i tassi più elevati allo scopo di realizzare vitali plusvalenze; purtroppo col ricavato riescono a comprare solo titoli con tassi più bassi…Pura follia.

Insomma, come sempre accade nella finanza, la coperta è corta, e si sta accorciando sempre di più.

All the best

dott. Massimo Moschella
Enrico Gei

IL PUNTO SULL’EQUITY GLOBALE DEL TEAM MOSCHELLA

C’eravamo lasciati sette giorni fa a fissare perplessi l’imminente incrocio degli indici mondiali con le rispettive medie mobili a 200 periodi.
Le mani forti ci hanno tolto da ogni imbarazzo sollevando di prepotenza la maggior parte degli indici al di sopra di quelle asticelle (v. Dja, Spx e Nasdaq daily).
Sicché il successivo ostacolo con cui misurarsi risultano essere adesso i massimi registrati a dicembre 2018.
L’Rsi a 14 periodi accenna appena a surriscaldarsi nel contatto con l’area di ipercomprato.

E si che notizie non proprio esaltanti erano giunte dal fronte macroeconomico che ha confermato l’avvio di una congiuntura internazionale non proprio rassicurante.
Ciò nonostante i big investors non hanno fatto mancare denaro in acquisto, probabilmente rassicurati dalla complicità mostrata dalla Fed.
Mi é sembrato anzi un deliberato piano ben orchestrato ai danni del parco buoi, assistito financo dalla insolita forza esibita dall’oro che va a rivedere, eccezionalmente, i 1331 $ e a fare mostra sul petto di una golden cross.
Nulla da fare per i piccoli traders che subiscono comprensibilmente l’insacco.
I time frame settimanali non suonano una musica diversa. Il Price Momentum Oscillator non ha ancora incrociato, é vero, ma l’Rsi si é gia’ portato senza esitazioni sopra il valore di 50.

Il Vix asseconda questo catenaccio a centrocampo indugiando oltre misura intorno al valore di 15 (v. Vix daily), apparentemente prigioniero della media semplice a 100 periodi sul weekly.

Insomma, un gioco ordito per spiazzare oltre ogni ragionevole logica.
E se qualcuno di voi sta pensando che a farne le spese é stato il comparto del reddito fisso, beh spiacente di deludervi. Hanno pagato dazio solo i nostri Btp.
Sarà un anno destinato a stupire.

All the best

dott. Massimo Moschella
Financial Analyst & Economic Strategist
dott. Gian Michele Moschella
Financial Analyst & Business Developer

2019: SPERANZE E TIMORI

Tutti col naso all’insù a fissare il testa a testa tra gli indici Usa e le medie mobili semplici a 200
giorni.
In queste poche parole può racchiudersi la tensione degli investitori all’approssimarsi del
secondo fine settimana del mese di febbraio 2019.
Il forte e inaspettato rimbalzo degli indici dalla fine di dicembre ai giorni nostri ha infatti spinto
l’equity americano verso queste determinanti linee di resistenza ma in una condizione di vistoso
ipercomprato.
Il gioco dunque si fa duro. Infatti, una chiusura decisiva al di sopra di quella media di lungo
termine ridurrebbe le probabilità che le azioni entrino in un mercato ribassista.
Da cui diventerebbe molto difficile tirarsi fuori con i prodromi in vista di un rallentamento
produttivo mondiale.
Il DJA è l’unico dei tre indici che ha già superato la linea rossa a 200 periodi. Ma il risultato non
può dirsi ancora definitivamente acquisito.


L’S&P500 e il Nasdaq Composite ci stanno provando caparbiamente proprio in questi giorni.

L’incertezza previsionale ci appare quanto mai massima, soprattutto in considerazione del VIX scivolato sui livelli più depressi degli ultimi tre mesi. Posizione dalla quale pare voglia tirarsi fuori. Tutto sembrerebbe pronto per un insolito exploit.

Anche il Fear&Gread Index punta sul bello spinto. Troppo spinto, secondo noi.

Persino il posizionamento del Baltic Dry Index (che misura il livello medio delle tariffe dei noli internazionali) non aiuta ancora ad alimentare forti speranze bullish.
L’indice si è spiaggiato come un grande cetaceo confermando il rallentamento globale in atto.
L’Italia è già in recessione tecnica, e la Germania potrebbe seguire a ruota se il Pil del quarto trimestre fornirà numeri negativi.

Tuttavia l’America, nonostante le incertezze dell’equity innanzi illustrate, non desta ancora serie preoccupazioni.
L’appiattimento della curva dei rendimenti ha subito un provvidenziale stop. Taumaturgiche sono state le parole con cui Powell ha bloccato il rialzo dei tassi programmato per l’anno in corso. Nulla invece potrà fare contro la recessione dei profitti delle aziende Usa che dovrebbe concretizzarsi nel primo semestre del 2019.
E si perchè le proiezioni per il quarto trimestre preludono ad una espansione degli EPS di circa il 12%. Ricordiamo che nel terzo trimestre questo dato era stato pari ad un +25%.
Per il primo trimestre 2019 le previsioni attendono invece un misero -0.5%: una escursione superiore al 20%. Ecco perchè non appare esagerato parlare di recessione dei profitti Usa.
Un +2.3% sarebbe atteso per il secondo semestre e un deludente +7.0% per l’intero anno.
Anche i fondi comuni azionari americani sembrano soffrire di asma bronchiale visto che
l’afflusso delle masse amministrate è in netto calo divergente rispetto all’andamento dell’Sp500.

Il volume dei capitali raccolti hanno sempre anticipato di 12-18 mesi le difficoltà dell’indice principale a stelle e strisce. Sicchè l’arrivo dell’estate potrebbe essere nefasto per l’azionario.
I giochi tuttavia non sono ancora fatti. E se da un lato peseranno le decisione monetarie della Fed, dall’altro avrà forte influenza lo stato di salute del gigante cinese, al momento in difficoltà ad ingurgitare grosse partire di beni importate soprattutto dagli Usa e dalla Germania.
Quanto precede è un assaggio delle tematiche e delle riflessioni che noi di Finanza Strategica e Scattacoltrend svilupperemo nella consueta prima tornata di seminari che avrà inizio il prossimo
marzo.

All the best

dott. Massimo Moschella
Financial Analyst & Economic Strategist
dott. Gian Michele Moschella
Financial Analyst & Business Developer

LA CURVA DEI RENDIMENTI INVERTITA

Una breve discussione odierna con un caro amico ci ha ispirato le seguenti elementari riflessioni.

Con l’espressione “curva dei rendimenti invertita” s’intende una situazione di mercato in cui i tassi offerti per le scadenze più lunghe sono inferiori rispetto a quelli offerti per la parte a breve della curva , ossia quelli fino a 2 anni.

La scelta fra le due diverse scadenze è guidata dalle aspettative che gli investitori elaborano sulla futura evoluzione dei rendimenti ad un anno.

In caso di aspettative rialziste dei tassi, essi preferiranno investire nella strategia di rolling, in modo da poter investire a scadenza il proprio capitale in bond con rendimenti maggiori.

In caso di aspettative ribassiste, invece, un investitore razionale sarà più propenso a riversare il proprio capitale sul bond decennale.

La même chose accade nella scelta di un mutuo: se l’aspettativa è quella di un ribasso dei tassi è gioco forza scegliere un mutuo a tasso variabile. Diversamente si opterà per il tasso fisso. Nel nostro esempio il bond decennale ha il ruolo del mutuo a tasso fisso, in quanto ci permette di bloccare il rendimento in maniera sicura, mentre la strategia di rolling è paragonabile al mutuo a tasso variabile.

Un incremento delle preferenze di acquisto del bond decennale porta, per la legge universale della domanda e dell’offerta, ad un incremento del suo prezzo e conseguentemente ad una riduzione del suo rendimento. Se questa diminuzione è consistente, ecco che la curva s’inverte.

Cosa genera un’aspettativa dominante di tassi a breve in declino?

La concreta prospettiva di una recessione economica.

Ai primi segnali recessivi, infatti, le BC intervengono abbassando i tassi a breve.

Di conseguenza, un’aspettativa di recessione si traduce in un’aspettativa di tassi a breve futuri minori.

Ma cosa innesca la prospettiva di una recessione economica? L’azione delle BC. Qualora l’azione delle banche centrali di alzare i tassi a breve venga mal percepita dal mercato, questa sarà la premessa logica per un’aspettativa di caduta in recessione nel futuro (cui seguono tassi bassi futuri per contrastare la recessione). Una curva invertita è dunque conseguenza dell’azione di una banca centrale che alza i tassi a breve termine e di un’interpretazione del mercato che porta la parte lunga della curva a scendere sotto il livello della parte a breve.

Proprio a causa di questo forte nesso logico, l’inversione della curva è sovente usata in letteratura come predittore di crisi economiche. Basti pensare che le ultime sette recessioni economiche sono tutte state precedute da un’inversione della curva.

Ecco spiegato il tentativo di Trump di bloccare in extremis i programmati aumenti dei tassi ufficiali in Usa.

Tuttavia, l’ex presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke recentemente ha messo inaspettatamente in guardia da una lettura eccessivamente allarmistica dei segnali provenienti dalla curva dei rendimenti (che si è notevolmente appiattita proprio nell’ultimo mese).

Il banchiere – proprio quello che causò l’ultima inversione della curva nel 2006 a cui seguì la recessione del 2008 – sostiene oggi che tale indicazione abbia perso di efficacia alla luce delle distorsioni del mercato causate dalle banche centrali.

Bernanke ritiene, questa volta, che sarebbe un errore pensare che l’inatteso appiattimento della curva dei rendimenti USA segnali una recessione incombente.

Noi invece restiamo ancorati alla scuola più tradizionale, e attendiamo – inalterata la politica della Fed nota ad oggi – i primi segnali recessivi nel 2020. Mese più, mese meno. Confermiamo pertanto le indicazioni già fornite nei seminari di Scattacoltrend e Finanza Strategica di gennaio, marzo e ottobre 2018.

Aggiornamenti ulteriori giungeranno dai prossimi meeting in programma da febbraio 2019 in poi.

P.S. L’Europa invece ha fatto già più strada su questo cammino…Ma questa è un’altra storia.

All the best

dott. Massimo Moschella
Financial Analyst & Economic Strategist
dott. Gian Michele Moschella
Financial Analyst & Business Developer

L’AFRICA E’ TERRA FERTILE PRONTA ALL’INTRODUZIONE DELLA BLOCKCHAIN

(OVVERO COME LE TECNOLOGIE DECENTRALIZZATE POSSONO FAVORIRE I CAMBIAMENTI DELL’AFRICA SUB SAHARIANA)

La corruzione, la cattiva gestione e le pratiche commerciali opache hanno per decenni martoriato i regimi giuridici e i mercati delle materie prime africane.

Una attenta riflessione merita, dunque, la possibile applicazione delle innovazioni che la blockchain è capace di portare con sé in questo continente.

Non appare esagerato affermare che i governi africani si trovino oggi di fronte a un bivio: possono adottare un atteggiamento più diffidente e restrittivo nei confronti delle nuove tecnologie – mantenendo inalterato lo status quo (e dunque anche il loro personale potere) – o, in alternativa, mostrarsi più illuminati e incoraggiare i cambiamenti epocali consentiti dalla tecnologia blockchain.

Cominciamo col dire che i migliori usi della blockchain si sono visti in quei settori dove i players o non hanno reciproca fiducia o hanno interessi diversi.

La catena dei blocchi open source, infatti, è capace di ridurre la corruzione, aumentare la trasparenza delle operazioni, automatizzare la contabilità e migliorare i tempi di movimentazione delle merci e dei pagamenti.

Qui il potenziale della blockchain, con i suoi scambi garantiti dalla crittografia, è veramente vasto.

La tecnologia blockchain è un libro mastro digitale decentralizzato che conserva registrazioni di transazioni immutabili. E’ sostenuta da una rete di computer che lavorano insieme e in modo indipendente, per conservare  e verificare i record in modo tale che una volta che un record è stato scritto scritto e accettato da tutti i computer della rete, non può essere modificato. Pertanto, fornisce un mezzo per registrare, certificare e trasferire risorse senza dover contare su una banca o altri intermediari.

La tecnologia blockchain può dunque fornire alle parti interessate un sistema che organizza e digitalizza questa catena di valori – che diventa immutabile – e fornire un rapido ed economico accesso ai potenziali fruitori e/o investitori ad una molteplicità di servizi.

Lo scorso anno in Kenya, la Corte Suprema ha annullato un’elezione controversa, dopo che le macchine per il voto elettronico erano state compromesse. Un sistema di voto basato su blockchain potrebbe infondere fiducia nelle elezioni e nelle istituzioni democratiche del continente.

Nei contesti africani, caratterizzati spesso da istituzioni deboli e inefficaci, potrebbe introdurre svolte epocali in svariati campi tra cui:

  • registrazione delle identità anagrafiche univoche per ridurre i rischi di frode e terrorismo;
  • difesa dei diritti di proprietà e di autore per contrastare le frodi;
  • riduzione dei rischi di inadempienza contrattuale;
  • aumento della base contributiva;
  • tracciabilità e commercializzazione delle materie prime di cui i paesi africani sono ricchissimi;

aumento della fiducia nelle transazioni finanziarie razionalizzando le rimesse e altri pagamenti.

L’adozione delle criptovalute offre innegabilmente un mezzo di scambio di capitali nei punti neri dell’economia di un paese.

Il settore agricolo in Africa rimane la principale fonte di sostentamento per gran parte della popolazione del continente e fornisce un contributo significativo al PIL. Nel continente l’innovazione tecnologica relativa all’agricoltura potrebbe costituire un catalizzatore dello sviluppo principalmente per una maggiore sicurezza alimentare, per la riduzione della povertà e per la crescita complessiva dell’economia.

Il settore è alle prese con una miriade di problemi. L’ecosistema agricolo è frammentato a tutti i livelli, da quello della produzione e dell’allevamento del bestiame fino alle modalità di trasporto ai consumatori finali.

Gli agricoltori difficilmente ricevono fertilizzanti e semi di qualità, riducendo la produttività al 10% della media globale per quasi tutte le colture.

Non hanno inoltre accesso né alle informazioni correnti sui prezzi di mercato né tanto meno ai mercati di negoziazione; pertanto la domanda e l’offerta non sottostanno a principi regolatori equi. Questo crea grandi spazi di vantaggio per gli intermediari che controllano le condizioni del mercato.

Non dimentichiamo che il mercato agricolo in Africa è destinato a crescere fino a $ 1 trilione entro il 2030. Il settore è, tuttavia, una catena di valori al momento privi di un database per tutti i soggetti interessati: agricoltori, aziende di trasformazione e di trasporto, compagnie assicurative, fornitori di servizi finanziari e governi.

Aggiungiamo a ciò che la maggior parte degli agricoltori in Africa pratica un’agricoltura su piccola scala e la maggioranza non ha accesso a conti bancari e servizi finanziari. La maggior parte degli operatori è quindi priva di documentazione contabile che rende impossibile determinare la propria affidabilità creditizia. Ciò causa la mancanza di accesso al credito di cui pur avrebbero bisogno per dimensionare correttamente la propria attività.

Lo stesso vale, a fortiori, per l’estrazione, la produzione e la commercializzazione di materie prime.

Gli alti costi attuali – compresi quelli di transazione – non sono dovuti solo alla corruzione degli intermediari quanto all’assenza di efficaci sistemi di controllo e deterrenza che la blockchain invece introdurrebbe.

Dunque l’implementazione di nuove tecnologie potrebbe essere la soluzione idonea ad aiutare le nazioni africane a scambiare i propri minerali e risorse naturali in modo più efficiente e redditizio.

La digitalizzare della rete portuale elettronica modello Asia-Pacifico sarebbe un’altra mossa capace di rimuovere i troppi intermediari esistenti nella catena di approvvigionamento e smistamento portuale.

Insomma, avere un futuro migliore per l’Africa significa soprattutto avere un futuro più trasparente. E con la blockchain ciò appare possibile.

Man mano che la tecnologia consente di “tagliar fuori” intermediari, ogni settore economico sembra destinato a seguire modelli peer-to-peer dove le transazioni avvengono senza strutture centralizzate.

Blockchain potrebbe così diventare una sorta di tecnologia di scopo generale, ovvero utilizzata orizzontalmente proprio com’è oggi la corrente elettrica o internet inglobando non solo il mondo del business ma anche la politica.

Adottare la natura spesso infallibile della tecnologia potrebbe anche aiutare a salvare le economie africane da milioni di dollari che si disperdono in corruzione e riciclaggio di denaro, specialmente nei redditizi settori del petrolio e dei minerali.

Come sempre mentre gli esperti dibattono, gli imprenditori agiscono.

In questi anni sono nate numerose nuove aziende africane che puntano a risolvere problemi grazie a soluzioni basate su blockchain.

Per esempio:

  • Twiga Foods (Kenya) connette gli agricoltori con i venditori nei centri urbani, facilitando partnership durature tra le parti, assicurando il pagamento dei produttori in tempi rapidi e certi. Insieme a IBM ha lanciato un programma di microcredito per aumentare il giro d’affari dei suoi clienti;
  • BitLand (Ghana) rende immutabile il processo di registrazione degli appezzamenti fondiari; in Ghana, dove la frode territoriale è una seria preoccupazione, Bitland sta fornendo servizi di catasto utilizzando la blockchain di Bitshares, consentendo ai ghanesi di registrare la proprietà, assumendosi l’onere di garantire i diritti di proprietà e confermando le transazioni da autorità locali corrotte e sottofinanziate;
  • BitPesa (Kenya) piattaforma di pagamenti online, consente transazioni in criptovalute con un focus sul segmento B2B. A febbraio 2018 ha acquisito TransferZero, azienda spagnola di money transfer;
  • Wala (Sudafrica) che propone soluzioni crypto per combattere l’alto costo delle rimesse in/verso l’Africa;
  • NairaEX (Nigeria), Luno (UK-Sudafrica) e Golix (Zimbabwe) sono tra i principali exchange di criptovalute del continente. Proprio in Zimbabwe, a causa della carenza di valuta straniera e dei fenomeni di iperinflazione, Bitcoin ha raggiunto nel 2017 quotazioni record a livello globale.

Sono sorte piattaforme d’informazione dedicate come BitcoinAfrica.io e una società di consulenza/incubatore, BitHub Africa con sede a Nairobi.

In Nigeria, Agrikore, potenziata da Cellulant, è un mercato automatizzato di pagamenti intelligenti che offre servizi finanziari digitali e un sistema di gestione delle relazioni con i clienti per l’agricoltura. Agrikore è stato sviluppato utilizzando la tecnologia blockchain per garantire che tutti gli stakeholder della filiera agricola possano fare affari in un ambiente affidabile e trasparente.

Agrikore ha, per la prima volta, riunito tutti i vari attori in agricoltura; agricoltori, commercianti, banchieri, aziende di logistica in un unico ecosistema trasparente.

La fuga di cervelli, che affligge le industrie in tutta l’Africa, è una preoccupazione significativa nel mercato in crescita della blockchain del continente. Molte città e istituzioni stanno lottando per aggrapparsi a sviluppatori di talento.

Il modo in cui i governi decideranno di navigare sarà importante per andare avanti. Essi dovrebbero fornire un ambiente normativo amichevole per incubare una nuova generazione di sviluppatori africani.

Anche le università africane dovrebbero fare la loro parte, sviluppando progetti per istruire i laureati su come implementare la tecnologia.

Dr. Massimo Moschella e dr. Gian Michele Moschella
Ambasciatori Itineranti
REGNO DEI SANTI PIETRO E PAOLO

Il Regno dei Santi Pietro e Paolo

bandiera-del-regno-dei-santi-pietro-e-paolo

Un trono può dirsi tale se l’uomo che ci siede è degno” (Anonimo)

Con Decreto Reale n° 23/R/2018 emesso a Lugano in data 4 agosto 2018, per volontà di Sua Maestà Don Marcello Maria I, sono stato nominato “Ambasciatore Itinerante del Regno dei Santi Pietro e Paolo”, con delega alla digitalizzazione del Regno.

La descrizione del percorso che ha condotto alla nascita del Regno dei Santi Pietro e Paolo è sicuramente impresa ardua per molteplici ragioni tecnico-giuridiche, ma ancor più risulta complessa la traduzione in parole di un incredibile sogno che, come talvolta accade per le fiabe più fantastiche, è divenuto una straordinaria ed inconfutabile realtà dei nostri tempi. Tutto ha inizio nel giugno 2009 quando viene costituito il “Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo” come ente internazionale indipendente per volontà del Suo fondatore S.A.S. Don Marcello Gentile, Sovrano e Gran maestro dell’Ordine stesso, Principe di San Pietro conformemente alla sentenza pronunciata dal Tribunale Civile Internazionale – Organo Permanente della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa – in data 29 maggio 2008, iscritta al nr. 503/2008 della V.G. del Tribunale Ordinario di Ragusa, resa esecutiva nel Territorio della Repubblica Italiana con Decreto Presidenziale di detto Tribunale Ordinario in data 22 luglio 2008 e notificata ai terzi con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, parte III, nr. 48, pag.47, inserzione nr.78.

L’Ordine per costituirsi ha avuto la necessità di superare numerose difficoltà soprattutto riguardo alla Sua natura giuridica. I problemi da affrontare sono stati molteplici e tanti i quesiti a cui dare risposte, primo fra tutti e sicuramente il più importante, quello di strutturarlo nell’ambito di un ordinamento sovrano. L’Ordine ha saputo fornire risposte esaustive e soluzioni adeguate ad ognuna delle diverse problematiche presentatesi e conseguentemente il 10 febbraio 2010 il Tribunale Civile Internazionale di Ragusa – Organo Permanente della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa, preso atto di tutta la documentazione prodotta, ha pronunziato una sentenza positiva nei confronti del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. La sentenza, avente gli effetti di sentenza pronunciata dall’Autorità Giudiziaria della Repubblica Italiana, è stata successivamente resa esecutiva sul Territorio della Repubblica Italiana con decreto del Presidente del Tribunale Ordinario di Ragusa del 9 marzo 2010 ed è divenuta irrevocabile il 1 dicembre 2010, ruolo generale della Volontaria Giurisdizione nr. 166/2010 del Tribunale Ordinario di Ragusa. In essa si attesta, in modo inequivocabile e definitivo, che il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, con sede in Lugano (Svizzera) in via Greina, 2 presso Medigest SA, “è soggetto di diritto internazionale ed esercita le funzioni sovrane”.

La detta sentenza ha definitivamente stabilito che “il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo è legittimamente soggetto di Diritto Internazionale in tutto uguale ad uno Stato Estero; in quanto tale ha facoltà di diritti e di obblighi derivanti dall’Ordinamento Giuridico Internazionale; ad Esso competono le Immunità Giurisdizionali e Tributarie con il trattamento giuridico spettante agli Stati; conseguentemente, i provvedimenti pronunziati dai Suoi Tribunali hanno natura di Provvedimenti Giurisdizionali di uno Stato Estero. Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo è legittimamente neutrale in modo perpetuo” (Articolo 2 della Costituzione del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo notificato per pubblici proclami nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia del 6 novembre 2009, nr.45, parte II, pag.21, inserzione nr. 75). L’Ordine, più precisamente, “costituisce legittimamente un ordinamento avente per scopo l’assicurazione della pace e della giustizia tra le Nazioni, è indipendente e sovrano ed in quanto tale la Legge Italiana del 3 marzo 1951, nr.178, non ha effetti su di Esso; conseguentemente, l’Ordine al Merito del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo è un Ordine al Merito non nazionale, quindi, non rientra fra le fattispecie criminose previste e punite dalla Legge Italiana nr. 178/1951. Le attività di natura ospedaliera ed assistenziale svolte dall’Ordine sul Territorio della Repubblica Italiana, conformemente all’art.11 della Costituzione Italiana ed alla sentenza della Corte Costituzionale Italiana pronunziata il 28 giugno 1985 nr.193, non devono essere autorizzate dal Governo Italiano”. L’Ordine inoltre, come stabilito dalla Sua Costituzione, “può compiere tutte le operazioni finanziarie, mobiliari ed immobiliari necessarie ed utili per il conseguimento degli obiettivi da Esso posti all’interno delle Sue Istituzioni”. Per il raggiungimento dei Suoi obiettivi “l’Ordine ha facoltà di istituire Uffici di Rappresentanza e di Corrispondenza in ogni parte del mondo”. ”L’Ordine ha diritto di Legazione Attiva e Passiva”, art.7 della Costituzione, secondo le regole del Diritto Internazionale. In ambito ecclesiastico tale diritto si estende all’invio di propri Legati presso le varie Autorità Religiose ed al ricevimento di Legati dalle Autorità Religiose, direttamente e senza interferenze dell’Autorità Civile.

Con notifica per pubblici proclami nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia del 2 settembre 2011, nr.35, parte II, pag. 15, inserzione nr. 51, il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con Decreto Magistrale del 31 luglio 2011 sottoscritto in Lugano (Svizzera) dal Principe di San Pietro Don Marcello Gentile nella Sua qualità di Sovrano Gran Maestro, ha acquisito la piena ed esclusiva Sovranità di una “terra nullius”, più precisamente del Settore Antartico compreso tra il Polo Sud ed il 60° Sud di latitudine e contenuto tra la longitudine 141° Ovest e la longitudine 150° Ovest. Avendo quindi così acquisito la Sovranità Territoriale, con notifica per pubblici proclami nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia del 3 febbraio 2012, nr. 5, parte II, pag.9, inserzione nr. 33, il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, con Legge Costituzionale nr.1/2011 promulgata in Lugano (Svizzera) in data 22 dicembre 2011 dal Principe di San Pietro don Marcello Gentile nella Sua qualità di Sovrano Gran Maestro, si è trasformato in Regno dei Santi Pietro e Paolo, soggetto di Diritto Internazionale con la qualifica di Stato, dotato di un Governo, di un Popolo e di un Territorio, quest’ultimo entro i confini già precedentemente indicati. La Capitale del Regno dei Santi Pietro e Paolo è la Stazione Città di Gentilia, ubicata ad una quota di circa 480 metri sul livello del mare, in prossimità della fascia costiera, alle coordinate: latitudine 76°35’S; longitudine 145°54’W. Nel Territorio sottoposto alla Sovranità del Regno dei santi Pietro e Paolo sono state attualmente ubicate, in aggiunta alla prima, le seguenti Stazioni Città: Stazione Città di San Pietro (Latitudine 77°56’S; longitudine 148°23’W); Stazione Città di San Paolo (latitudine 85°34’S; longitudine141°51’W); Stazione Città di San Marcello (latitudine 76°57’S; longitudine 143°39’W).

Con Legge Costituzionale nr. 2/2011 il Regno dei Santi Pietro e Paolo, nella Persona del Principe di San Pietro Don Marcello Gentile, ha promulgato la Propria Costituzione in Lugano (Svizzera) in data 22 dicembre 2011. Conseguentemente il Regno dei Santi Pietro e Paolo, in ottemperanza all’art. 12 della Sua Costituzione, permane uno “Stato neutrale in modo perpetuo, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e vuole contribuire, in proprio o in concorso con altri Organismi Internazionali, ad assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Il Regno dei Santi Pietro e Paolo, così come ribadito dall’art. 14 della Sua Costituzione, vuole “affermare e difendere le virtù della carità e della fratellanza, esercitando senza distinzione di religione, di razza, di provenienza e di età le opere di misericordia verso gli ammalati ed i bisognosi”.

Con l’entrata in vigore della Costituzione del Regno, in ottemperanza alla XIII Disposizione Transitoria della stessa, “il Sovrano e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero dei SS. Apostoli Pietro e Paolo Don Marcello Gentile, Principe di San Pietro, esercita le attribuzioni di Re del Regno dei Santi Pietro e Paolo e ne assume il Titolo, con il trattamento di Maestà”. Sua Maestà il Re assume il Nome Dinastico di Don Marcello Maria I e, così come sancito dall’art. 35 della Costituzione del Regno, “tutti i Successori al Trono debbono aggiungere al Proprio Nome quello di Maria, Madre di Gesù Cristo”. A “S.M. il Re del Regno dei Santi Pietro e Paolo, essendo Sovrano sul Trono con un Governo, una Popolazione ed un Territorio su cui esercita la Sovranità, spettano legittimamente le Prerogative Sovrane connesse allo Jus Imperii cioè il Diritto di Comando, allo Jus Gladii cioè il Diritto di Imporre l’Obbedienza con il Comando, allo Jus Majestatis cioè il Diritto di essere Onorato e Rispettato, allo Jus Honorum cioè il Diritto di Premiare il Merito e la Virtù”.

Quanto dichiarato sinora è sancito definitivamente dalla sentenza di primo grado iscritta al nr. 3/2012 del Registro Generale della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa, pronunciata in Ragusa, nella via Roma nr. 200, il 3 luglio2012 dal Tribunale Civile Internazionale – Organo Permanente della Corte Europea di Giustizia Arbitrale di Ragusa, avente gli effetti di sentenza pronunciata dall’Autorità Giudiziaria della Repubblica Italiana, ex art. 824/bis del Codice di Procedura Civile. Tale sentenza è divenuta irrevocabile il 18 febbraio 2013. Giunge così al termine il percorso evolutivo di un progetto immenso, caratterizzato sicuramente da aspetti per certi versi fiabeschi, ma per contro sostenuto e supportato da profonda convinzione e formidabile volontà nonché da precisi ed incontrovertibili percorsi giuridici che, con l’imprescindibile aiuto di Dio, hanno consentito di raggiungere l’obiettivo finale, quello cioè di far nascere un vero, moderno Stato Sovrano, il Regno dei Santi Pietro e Paolo, un Regno non più di fantasia ma di reale, attuale, dinamica, splendida realtà.

Blockchain e Criptovalute

Initial Coin Offering

Ogni persona informata ha bisogno di conoscere il Bitcoin perché potrebbe essere uno degli sviluppi più importanti del mondo“. (Leon Louw, premio Nobel per la Pace.)

Ho deciso nel 2016 di approfondire ulteriormente le mie conoscenze dedicandomi allo studio dei cambiamenti culturali ed economici derivati dalla nascita della finanza hitech, sviluppando le tematiche riguardanti i nuovi modelli di business ad essa legati e le influenze della tecnologia blockchain e dell’adozione delle criptovalute sulla new economy.

La Blockchain è un sistema peer to peer distribuito di ledger che, utilizza algoritmi che trattano i dati con tecnologie crittografiche e di sicurezza al fine di mantenere l’integrità del sistema. Tradotto, in modo più semplice, la Blockchain è una rete di registri, contenuti su computer separati tra loro e collegati ad internet, dove non esiste un registro principale; nella rete vengono utilizzate delle procedure che, trattano i dati con tecnologie crittografiche e di sicurezza, al fine di avere un sistema che non produce errori, nel quale i dati non vengono persi o modificati in modo errato e, infine, dove nessuno può accedere alle informazioni per le quali non ha l’autorizzazione.

Più che una tecnologia è un paradigma, un modo di interpretare il grande tema della decentralizzazione e della partecipazione. Per questo, come è giusto che sia, esistono diverse declinazioni, diverse interpretazioni e diverse definizioni della Blockchain.

La Blockchain è una tecnologia che, permette la creazione e gestione di un grande database, distribuito per la gestione di transazioni condivisibili tra più nodi di una rete. Si tratta di un database strutturato in blocchi, (contenenti più transazioni) che, sono tra loro collegati in rete in modo che ogni transazione avviata sulla rete – e correlata da un Marcatore Temporale (Timestamp) – debba essere validata dalla rete stessa nell’”analisi” di ciascun singolo blocco. Ogni blocco include l’hash, (una funzione algoritmica informatica non invertibile che mappa una stringa di lunghezza arbitraria in una stringa di lunghezza predefinita) che, identifica il blocco in modo univoco e che, permette il collegamento con il blocco precedente tramite identificazione del blocco stesso.

La Blockchain risulta così costituita da una catena di blocchi, connessi usando la crittografia che, contengono ciascuno più transazioni. Ciascun blocco è per l’appunto anche un archivio storico di tutte le transazioni che, possono essere modificate solo con l’approvazione dei nodi della rete. Le transazioni possono essere considerate immodificabili (se non attraverso la riproposizione e la “ri”-autorizzazione delle stesse da parte di tutta la rete). Da qui il concetto di immutabilità.

La vera rivoluzione introdotta dalla Blockchain è rappresentata dunque dal Distributed Ledger (libro mastro distribuito) ovvero da una reale e completa logica distribuita, dove non esiste più nessun centro e dove la logica di governance è costruita attorno a un nuovo concetto di fiducia tra tutti i soggetti. Nessuno (ma proprio nessuno) ha la possibilità di prevalere e il processo decisionale passa rigorosamente attraverso un rigoroso processo di costruzione del consenso, in assoluta trasparenza.

In sintesi, la Blockchain è un Libro Mastro (Ledger) trasparente, decentralizzato e crittograficamente sicuro per la gestione di transazioni su reti peer-to-peer (rete paritaria/paritetica).

È cioè una tecnologia che, consente lo scambio su internet, di informazioni e di diverse tipologie di valori. Sono tante le tipologie di transazione che, possono essere appoggiate e gestite con la Blockchain. Il payment è un esempio, così come le transazioni legate allo scambio di beni e servizi o così come la gestione di informazioni legate alla contrattualistica (Smart Contracts).

COSA VUOL DIRE CYBER CRIME?

Con la dicitura Cyber Crime, si vogliono indicare tutti quei “crimini informatici” che, vengono commessi mediante l’utilizzo della rete. Tale fenomeno con il quale, gli utenti dei sistemi informatici saranno sempre più chiamati a confrontarsi nell’immediato futuro, si caratterizza mediante l’utilizzo di condotte illecite messe in atto con l’abuso della tecnologia informatica sia hardware che, software.

Ne esistono varie modalità quali:

  • Gli attacchi alle infrastrutture critiche: tale crimine informatico è messo in atto al fine di danneggiare i grandi sistemi informatici delle aziende di stato o private o al fine di sottrarre ingenti valori mobiliari.
  • La Violazione del Copyright: non è altro che, la violazione dei diritti d’autore messa in atto sulla rete; infatti, l’avvento dei riproduttori ed in particolare del computer insieme allo sviluppo della rete internet, ha sottratto agli autori, uno dei cardini base del copyright. Infatti, il costo e la difficoltà di riprodurre e diffondere sul territorio le opere, ha fatto aumentare in maniera esponenziale il rischio di violazioni del diritto d’autore.
  • La Frode Informatica: consiste nell’alterazione di un procedimento di elaborazione di dati messa in atto allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto.
  • La Violazione dei dati personali: consiste nel procurarsi indebitamente dati, personali o sensibili tanto più che con l’entrata in vigore del regolamento UE 679/2016 in tutto il territorio dell’Unione Europea tali condotte sono punite severamente.

ICO – INITIAL COIN OFFERING

Le Initial Coin Offering (meglio conosciute come ICO) sono oramai ampiamente diffuse nel mondo delle criptovalute e della blockchain e si stima che, nel solo anno 2017, siano stati raccolti circa 1,25 miliardi di dollari mediante tale strumento.

Le ICO sono una forma di finanziamento, utilizzata da start-up o da soggetti che intendono realizzare un determinato progetto, resa possibile tramite nuove tecnologie digitali. In estrema sintesi, per reperire dei finanziamenti si propone al pubblico, (normalmente tramite un cd. “white paper”), un progetto che, sarà realizzato tramite metodologie blockchain, mediante l’emissione di “token” da cedere, a fronte di un corrispettivo, ai soggetti finanziatori.

Grazie ad una idea rivoluzionaria, in un qualsiasi ambiente o settore professionale, qualora vogliate lanciare una startup, ma non vi siano sufficienti risorse finanziarie, una ICO può essere considerata come una forma alternativa di crowdfunding. Per un breve periodo di tempo offrite agli utenti la possibilità di acquistare la vostra moneta digitale, creata ad hoc, (più correttamente dovremmo parlare di token) che, servirà per pagare i servizi della vostra startup. Lo scambio avviene solitamente in ethereum o bitcoin. A differenza di un’offerta pubblica iniziale (IPO), chi investe in una ICO, non arriva a possedere una quota di proprietà della azienda che, emette in token. In altre parole, non acquista né lo status di azionista né quello di obbligazionista. Acquistata la criptovaluta – token della start-up emittente, si avrà l’aspettativa di un apprezzamento del suo valore.

Perchè ad un imprenditore conviene lanciare un’ICO?

L’innovazione introdotta da un’ICO, sta nel fatto di fa venir meno la barriera all’ingresso data dalla burocrazia, in quanto chiunque (sottostando alle regole della propria legislazione o di legislazioni che hanno regolamentato le ICO) può lanciare una ICO, rendendo più grande il bacino di partecipanti e quindi la quantità di finanziamento ottenibile, senza mettere in discussione la governance dell’azienda.

La struttura consulenziale da me creata coopera con l’impresa o la start-up al fine di lanciare la propria ICO, consentendo di dare sicurezza della realizzazione del progetto e dell’investimento, attraverso l’applicazione di strumenti giuridici appositamente studiati.

Nello specifico, si occupa di:

  • valutare i progetti innovativi da lanciare in ICO
  • analizzare l’applicabilità del progetto alla blockchain anche attraverso la specifica applicazione di “smart contracts”
  • supportare le aziende nella realizzazione di “white papers” finalizzati al lancio di una ICO
  • individuare la tipologia di token adatti per il lancio di nuove ICO, al fine di “monetizzare” il progetto descritto nel “white paper”.
  • supportare le aziende in tutta la fase di lancio del progetto di una nuova ICO
  • garantire sicurezza di realizzazione del progetto, sia per l’imprenditore, che per l’investitore, attraverso l’applicazione di strumenti giuridici ad hoc

Avete un progetto imprenditoriale da implementare? Parliamone.

SMART CONTRACTS

Altrimenti detti self-executing contracts, contratti blockchain, contratti digitali o contratti intelligenti, sono contratti che possono essere convertiti in un codice informatico, archiviati e replicati sul sistema e supervisionati dalla rete di computer collegati nella blockchain. Questo meccanismo risulta in un feedback continuo che va dal trasferimento di denaro alla ricezione del prodotto o servizio.

Gli Smart Contracts aiutano a scambiare denaro, proprietà, titoli azionari o qualsiasi altra cosa di valore in modo trasparente, senza conflitti e senza il bisogno di rivolgersi a un intermediario. Il modo migliore di descrivere gli Smart Contracts è di paragonare questa tecnologia ad un distributore automatico: basta inserire un bitcoin nel distributore automatico (ovvero il libro contabile o ledger) e la contropartita di cui si ha bisogno viene inviata direttamente. A questo si aggiunge che gli Smart Contracts non solo definiscono i termini di un contratto, ma li fanno rispettare automaticamente.

E’ bene precisare tuttavia che gli Smart Contracts non sono una novità da associare necessariamente alla blockchain. Essi sono stati oggetto di sperimentazione già negli Anni ’90 e sono stati ideati ben prima (intorno agli anni ’70), e hanno una loro specifica dimensione a prescindere dalla blockchain. Certamente il fenomeno blockchain ha permesso e sta permettendo di avere quelle garanzie di trust, fiducia, affidabilità e sicurezza che nel passato erano necessariamente delegate a una figura “terza”.

All’epoca l’esigenza era molto semplice e atteneva alla necessità di gestire la attivazione o disattivazione di una licenza software in funzione di alcune condizioni molto semplici.

La licenza di determinati software veniva di fatto gestita da una chiave digitale che permetteva il funzionamento del software se il cliente aveva pagato la licenza e ne cessava il funzionamento alla data di scadenza del contratto. Semplicemente, in modo molto basico, questo era uno Smart Contract.

La struttura consulenziale da me creata è in grado di gestire tutte le problematiche sottese alle Blockchain e agli Smart Contracts.

COSA SONO I TOKEN?

I token sono monete digitali offerte durante un’ICO (Initial Coin Offering) e possono essere considerate come equivalenti alle azioni acquistate nell’ambito di un’IPO (Initial Pubblic Offering). La grande maggioranza delle ICO emette token in cambio di denaro reale (dollari, euro o altra valuta “tradizionale”), il che consente agli investitori di accedere alle funzionalità di un particolare progetto.

Tuttavia, un’informazione più tecnica e dettagliata su questi valori, non può prescindere dalla precisazione che, un token è un’informazione digitale che tipicamente conferisce un diritto di proprietà ad un soggetto, sull’informazione stessa, la quale è registrata su una blockchain (o in altro registro distribuito) che, può essere trasferita tramite un protocollo ed, infine, può incorporare (o meno) altri diritti addizionali governati da un sistema di smart contracts.

Possiamo individuare almeno tre classi di token:

  • Token di classe 1 (nessuna controparte): il token (che in questo caso è una vera e propria coin) può essere trasferito tramite transazioni su blockchain che garantisce la non modificabilità delle stesse. Questa tipologia non conferisce diritti nei confronti di una controparte, ma ha solamente la funzione di registrare un diritto di proprietà del token stesso o l’esistenza (su blockchain) di un determinato soggetto/oggetto. In particolare il token non rappresenta alcun asset sottostante né il suo proprietario ha dei diritti ulteriori rispetto a quello di proprietà del token. Rientrano in questa categoria i token di criptovalute native i quali costituiscono delle unità di registrazione e rappresentazione di valore scambiabili tra soggetti diversi. Esempi sono Bitcoin, Bitcoin Cash, Litecoin, etc.;
  • Token di classe 2 (diritti verso controparti): i token di questa categoria, conferiscono ai proprietari dei diritti da esercitare nei confronti o del soggetto che, ha generato i token o nei confronti di terzi. Alcuni esempi possono essere:
  • Token per pagamenti di specifico ammontare: in questi casi il titolare ha un diritto di ricevere un pagamento per un importo specifico (al pari dei titoli cambiari conosciuti nel nostro ordinamento);
  • Token per pagamenti futuri: conferisce il diritto a ricevere dei pagamenti futuri, sulla base di determinate condizioni;
  • Token per la prestazione di servizi o il ricevimento di beni (anche immateriali): il titolare ha il diritto di ricevere una determinata prestazione o un bene dal soggetto emettitore o da un terzo che abbia stipulato accordi commerciali con questi. In tale ambito rientrano anche i token per l’accesso a infrastrutture informatiche, che possono anche avere le caratteristiche di criptovaluta nativa, e conferiscono la possibilità di utilizzare un’infrastruttura specifica di blockchain;
  • Token rappresentativi di asset: rappresenta il diritto di proprietà di un determinato asset (materiale o immateriale) e potrebbe anche rappresentare quote di partecipazione dell’entità giuridica emittente o di entità terze. Più in generale i token di classe 2 potrebbero essere inquadrati in quelli che, il nostro ordinamento conosce come titoli di credito, ossia “documenti” che, secondo l’art. 1992 c.c., conferiscono al possessore “diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo”, nelle varie tipologie di titoli cambiari, titoli obbligazionari o di prestito, titoli di partecipazione, titoli rappresentativi di merci e documenti di legittimazione;
  • Token di classe 3 (diritti di comproprietà): l’ultima categoria riguarda token che, hanno funzione mista, in quanto rappresentano una proprietà ma conferiscono anche diritti diversi, quali diritti di voto, diritti economici, etc. In questa tipologia il titolare non ha un diritto esercitabile verso l’emittente del titolo o verso un terzo.

Il tentativo di classificazione dei token sopra riportato è necessario al fine di determinare l’eventuale disciplina applicabile ad una Initial Coin Offering, in quanto, essendo assimilabile ad un’offerta rivolta al pubblico di un prodotto/servizio, è proprio il token – che, è oggetto della vendita – che garantisce al titolare dello stesso dei diritti differenziati secondo la suddetta classificazione.

La struttura consulenziale da me creata ha acquisito la necessaria expertise per consentire la realizzazione finanziaria di “progetti innovativi”, attraverso la individuazione di token adatti per il lancio di nuove ICO, al fine di “monetizzare” il progetto descritto nel “white paper”; ovvero di supportare potenziali investitori, privati o istituzionali, nella due diligence, acquisto e gestione connessi ai token.

WHITE PAPER

Il White Paper o “libro bianco” è una pubblicazione che, nasce da una ricerca effettuata da un’organizzazione, un’amministrazione, un’azienda su un determinato tema o problema, riflettendone quindi le opinioni e gli orientamenti, descrivendone il progetto.

Per un’azienda, un White Paper può riguardare un prodotto, una tecnologia emergente o un particolare settore di mercato.

Il White Paper, elemento necessario in una ICO, tratta in maniera molto dettagliata e approfondita il tema più importante per l’azienda che, intende raccogliere capitali intorno ad un progetto innovativo anche da un punto di vista tecnologico: può trattarsi di una ricerca originale su un mercato emergente, una tecnologia nuova, un prodotto, una soluzione, un insieme di servizi.

Esso è pensato per un pubblico motivato e selezionato: investitori, ricercatori, giornalisti specializzati, analisti di mercato.

Il linguaggio può quindi essere anche molto specialistico, ma mai a scapito della chiarezza e della precisione.

L’obiettivo del White Paper è convincere il potenziale cliente che, la soluzione, l’innovazione o il prodotto è quello che fa per lui, quello che meglio può risolvere i suoi problemi, oppure che, le competenze della azienda su un nuovo tema, un’esigenza particolare, sono uniche ed imbattibili.

Nelle aziende, soprattutto in quelle high-tech e in tutte quelle che, hanno prodotti e soluzioni di una certa complessità, i White Paper sono una componente essenziale del kit di documentazione di marketing. Questa pubblicazione fatta circolare sul web, è la prima fonte di informazione esterna per i decision makers nelle grandi organizzazioni.

I principali obiettivi del White Paper sono:

  • descrivere un prodotto/soluzione in modo esaustivo e dettagliato, nonché sottolinearne i vantaggi rispetto ai prodotti della concorrenza;
  • attirare l’attenzione su un tema emergente, che gli stessi clienti conoscono poco;
  • affermare autorevolezza e competenza in un determinato settore;
  • dare informazioni più approfondite ai giornalisti specializzati;
  • dimostrare che si conoscono a fondo i problemi del cliente.

E’ bene dunque adottare uno stile di scrittura il più asciutto possibile che, miri a convincere attraverso i fatti e non attraverso le parole, che fa ricorso a grafici, diagrammi e tabelle, che struttura fortemente i contenuti secondo l’ottica e l’esigenza del cliente.

Un White Paper è un documento approfondito e specialistico, e non può quindi che, essere un lavoro di équipe, in cui entrano diverse competenze e professionalità: i tecnici esperti del prodotto o della soluzione, i professionisti del marketing, i professionisti della comunicazione per la cura editoriale complessiva e la scelta dei canali di diffusione più adatti, e non da ultimo gli esperti legali.

Non è una novità, per gli addetti ai lavori, che molte imprese stiano cercando di far entrare nella loro istituzione la parola “blockchain” per ottenere maggiori vantaggi.

Molte start-up cercano infatti di vendere la loro azienda come un nuovo utilizzo della tecnologia blockchain, quando in realtà si tratta solo di una normale attività imprenditoriale.

I migliori White Paper saranno onesti sul perché la loro soluzione abbia bisogno della blockchain in modo effettivo e specifico. Molti progetti ammettono liberamente che, useranno la blockchain solo per la generazione di token e per una gestione intelligente dei “contracts”.

La struttura consulenziale da me creata realizza o supporta nella realizzazione di “White Papers”, finalizzati al lancio in una ICO, nonché supporta gli investitori nella due diligence tecnico-giuridica dei “White papers”, al fine di orientare verso un investimento sicuro.